DOP Campania

Pomodorino del Piennolo del Vesuvio

Il Pomodorino del Piennolo del Vesuvio è una Denominazione di Origine Protetta (DOP) presente nell’elenco nazionale approvato dal Ministero delle politiche Agricole Alimentari e Forestali, i cui requisiti sono regolamentati dal disciplinare di produzione della Regione Campania.

Caratteristiche

La Denominazione d’Origine Protetta (DOP) Pomodorino del Piennolo del Vesuvio designa il frutto degli ecotipi di pomodorini della specie Lycopersicon esculentum Mill. riconducibili alle seguenti denominazioni popolari “Fiaschella”, “Lampadina”, “Patanara”, “Principe Borghese” e “Re Umberto” tradizionalmente coltivati sulle pendici del Vesuvio, aventi i seguenti caratteri distintivi:
– pianta ad accrescimento indeterminato;
– frutto di forma ovale o leggermente pruniforme con apice appuntito e frequente costolatura della parte peduncolare;
– buccia spessa, è escluso l’impiego di ibridi.

I frutti ammessi a tutela devono avere le seguenti caratteristiche:

allo stato fresco, entro quattro giorni dalla raccolta:
­- pezzatura: non superiore a 25 g;
– parametri di Forma: rapporto fra i diametri maggiore e minore: compreso fra 1,2 e 1,3;
– colore esterno (a maturazione): vermiglio;
– colore della polpa: rosso;
– consistenza: elevata;
– sapore: vivace, intenso e dolce-acidulo;
– tenace attaccatura al peduncolo.

allo stato conservato:
– colore esterno: rosso scuro;
– colore della polpa: rosso;
– consistenza: buona;
– sapore: vivace ed intenso;
– turgore: ridotto a fine conservazione.

Coltivazione

Le condizioni ed i sistemi di coltivazione, conservazione e trasformazione dei pomodori destinati alla produzione della D.O.P. Pomodorino del Piennolo del Vesuvio, devono essere quelli della zona, e comunque atti a conferire al prodotto che ne deriva, le specifiche caratteristiche qualitative.
Non è ammessa la coltivazione in ambiente protetto (serre o tunnel) o fuori suolo.

Per quanto riguarda gli impianti produttivi e la tecnica colturale da adottare, devono essere rispettate le seguenti prescrizioni:
– devono essere utilizzate piantine autoprodotte o piantine sane e certificate ai sensi della normativa fitosanitaria vigente, provenienti da vivai iscritti al Registro Ufficiale dei Produttori regionale;
– l’impianto va eseguito tra il 15 marzo e il 15 maggio con messa a dimora di piantine radicate in semenzai allestiti sul suolo oppure in contenitori alveolati.
– i sesti d’impianto devono essere compresi fra 15 e 30 cm sulla fila e fra 80 e 120 cm fra le file. Le piantine vanno trapiantate in file parallele fra loro in modo che le distanze sulla fila fra le piante e fra le file siano regolari. La densità d’impianto non deve essere superiore a 45.000 piante per ettaro; è consentita la coltura in consociazione, in questo caso le prescrizioni di densità devono applicarsi alle porzioni di suolo effettivamente investite a pomodoro.

Il Pomodorino del Pienno lo del Vesuvio va coltivato esclusivamente in pieno campo; le piante, allevate in verticale, con sviluppo in altezza fino a cm 80, sono sostenute con legature di fili tesi fra paletti di sostegno o da cannucce infisse al suolo, in gruppi di tre, a mò di capannina.
In questa maniera le bacche non toccano il suolo ed i frutti, ricevendo i raggi del sole in maniera uniforme, acquistano la colorazione rosso ardente che li contraddistingue.

La concimazione è eseguita con fertilizzanti organici, che si prestano particolarmente ad ammendare ed integrare le dotazioni dei suoli lavici, poco humificati; è consentito anche il ricorso a concimi minerali.
Sono ammessi solo i metodi di irrigazione localizzata o di microdistribuzione dell’acqua ed è vietata l’irrigazione a pioggia con grandi volumi e l’irrigazione a scorrimento, ciò allo scopo di salvaguardare le condizioni pedoclimatiche.
Infatti la coltivazione su suolo asciutto e lavico, caratterizzato da elevate escursioni termiche fra giorno e notte, favorisce la lunga e naturale conservazione, conferendo maggiore consistenza alla buccia ed elevata sapidità alle bacche.

La raccolta dei pomodorini deve essere effettuata a mano, nel periodo compreso tra il 20 giugno ed il 31 agosto.
La produzione unitaria massima è fissata in 16 tonnellate, rapportata ad ettaro di coltura specializzata.
Le bacche raccolte devono essere sane e indenni da attacchi parassitari tali da pregiudicarne la buona conservazione.

Il prodotto può essere venduto: fresco, allo stato di bacche o di grappoli posti alla rinfusa in idonei contenitori; conservato, allo stato di bacche o di grappoli posti alla rinfusa in idonei contenitori, o in piennoli.
Per quanto riguarda la conservazione dei pomodorini “al piennolo” devono essere rispettate le seguenti prescrizioni:
– I grappoli o “schiocche”, una volta raccolti, vengono sistemati su un filo di fibra vegetale, legato a cerchio, così da comporre un unico grande grappolo, o “piennolo”, del peso, a termine conservazione, compreso fra kg 1 e 5. I piennoli, così ottenuti, vanno tenuti sospesi da terra mediante ganci o su idonei supporti, in luogo asciutto e ventilato.
– Durante le fasi di conservazione, sia per il prodotto al piennolo che per quello in imballaggi, non deve essere effettuato alcun trattamento chimico. Possono essere usati unicamente sistemi fisici per la miglior protezione del prodotto e che non siano in grado di alterarne le caratteristiche, quali: retine contro gli insetti ed apparecchi ad ultrasuoni.
– La conservabilità dei piennoli non ha una durata definita ed è ancorata al permanere delle buone caratteristiche di aspetto ed organolettiche del prodotto.

Caratteristiche territoriali

Le peculiarità del Pomodorino del Piennolo del Vesuvio sono la elevata consistenza della buccia, la forza di attaccatura al peduncolo, l’alta concentrazione di zuccheri, acidi e altri solidi solubili che lo rendono un prodotto a lunga conservazione durante la quale nessuna delle sue qualità organolettiche subisce alterazioni.
Tali peculiarità sono profondamente legate ai fattori pedoclimatici tipici dell’area geografica in cui il pomodorino è coltivato dove i suoli, di origine vulcanica, sono costituiti da materiale piroclastico originato dagli eventi eruttivi del complesso vulcanico Somma-Vesuvio.

La morfologia dei suoli, quindi, è quella tipica che si riscontra lungo le pendici del cono vesuviano ed è caratterizzata da tessitura sabbiosa, che rende i terreni molto sciolti e drenati.
I suoli hanno mediamente una reazione neutra o sub-alcalina ed una buona dotazione in macro e micro elementi assimilabili, collocati lungo le pendici acclivi del complesso vulcanico, sono stati oggetto di terrazzamenti ed hanno una giacitura pianeggiante o leggermente acclive.

Il clima, nel corso della stagione colturale, è prevalentemente asciutto, con discreta ventosità elevate temperature massime, ampie escursioni termiche fra notte e giorno ed elevati livelli di insolazione. Ciò contribuisce ad un naturale controllo delle malattie parassitarie, in particolare di quelle crittogamiche.

L’incidenza ambientale è tale che gli stessiecotipi di pomodoro, se coltivati fuori area tipica, forniscono frutti con qualità sensibilmente diversi rispetto a quelli oggetto di tutela.

Storia e curiosità

Il pomodorino, conservato al piennolo o in conserva, rappresenta una delle produzioni più antiche e tipiche dell’area vesuviana. Le prime testimonianze documentate, e tecnicamente dettagliate, sulla presenza e sull’uso del pomodorino nel comprensorio Vesuviano risalgono alle pubblicazioni de proff. Palmieri, De Rosa e Cozzolino, della Regia Scuola Superiore di Agricoltura di Portici (Na), rispettivamente del 1885, 1902 e 1916.

Nei secoli scorsi la coltivazione di questo tipo di pomodoro si era affermata sia per le ridotte esigenze colturali che per l’idoneità alla lunga conservazione nei mesi invernali, in virtù della consistenza della buccia, della forza di attaccatura al peduncolo e dell’alto contenuto in solidi solubili.
L’antica diffusione di questa tipologia di pomodoro conservato era infatti legata alla necessità di dover disporre nei mesi invernali di pomodoro allo stato fresco per poter adeguatamente guarnire le preparazioni domestiche da sempre molto diffuse nel napoletano, fra cui pizze e primi piatti, che richiedevano intensità di gusto e di fragranze.

Come sempre accadeva per gli ortaggi d’uso familiare, i contadini sceglievano i frutti che reputavano più adatti e ne prelevavano il seme, che andava a costituire il materiale di riproduzione per l’anno successivo.
Così nella prima metà del ‘900 erano già conosciuti e diffusi i pomodorini “Fiaschella”, “Lampadina”, “Principe Borghese”, “Re Umberto” e “Patanara” da cui sono derivati gli attuali ecotipi.

Il fattore umano, esplicatosi nella messa a punto di un metodo di coltivazione e di conservazione ben calibrato e tipico della zona, unito al particolare quadro ambientale dell’area vesuviana, frutto dell’ottimale insolazione, del clima asciutto e soprattutto della straordinaria natura piroclastica dei suoli, hanno portato ad un prodotto unico nel suo genere, per pregio organolettico e serbevolezza, quale è quello che ancora oggi si coltiva e si conserva.
Le famiglie vesuviane, infine, sono solite preparare la tradizionale e secolare conserva tipica detta “a pacchetelle”, caratterizzata da un processo di lavorazione manuale, fortemente legato al territorio vesuviano, che si è tramandato nel tempo e che ancora oggi si svolge utilizzando il Pomodorino del Piennolo del Vesuvio non pelato, tagliato longitudinalmente in metà o in spicchi (o “filetti”) e conservato in vaso di vetro.

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