IGP Lazio

Patata dell’Alto Viterbese

La Patata dell’Alto Viterbese è una Indicazione Geografica Protetta (IGP) presente nell’elenco nazionale approvato dal Ministero delle politiche Agricole Alimentari e Forestali, i cui requisiti sono regolamentati dal disciplinare di produzione della Regione Lazio.

Caratteristiche

La denominazione Patata dell’Alto Viterbese designa il tubero della specie Solanum tuberosum ottenuto dalle varietà Monalisa, Ambra, Agata, Vivaldi, Finka, Marabel, Universa, Chopin, Arizona e Agria, che presenta all’atto dell’immissione al consumo le seguenti caratteristiche:
– forma: ovale od ovale allungata regolare; – calibro: compresa tra 40 e 75 mm;
– buccia: giallo, liscia;
– pasta: gialla;
– parte edibile: non inferiore al 97%;
– umidità: compresa tra 75 e 85%;
– amido: minimo 10 g.

Fino ad un massimo di 3 mm di profondità qualsiasi difetto è considerato superficiale e non viene preso in considerazione, tranne nel caso di scabbia superficiale e che interessi oltre il 15% della superficie dei tuberi.
Per il prodotto destinato al mercato del fresco è tollerato in ogni confezione di 15% in numero di tuberi di calibro inferiore o superiore rispetto a quanto stabilito.

Coltivazione

La tecnica di coltivazione si basa sulle pratiche tradizionali. Essa consta delle seguenti fasi.

La Patata dell’Alto Viterbese deve provenire da tuberi-seme certificati, che devono essere seminati interi o sezionati nel territorio di produzione. Nel caso di utilizzo di tuberi interi il calibro deve essere al massimo di 55 mm.
Qualora si ricorra al frazionamento dei tuberi, é necessario che questi suberizzino almeno parzialmente prima della messa a dimora.

I lavori preparatori hanno lo scopo di creare un buon “letto di semina” per consentire un adeguato sviluppo dell’apparato radicale e l’accrescimento uniforme dei tuberi nonché uno sgrondo regolare delle acque in eccesso.
Deve essere effettuata un’aratura profonda non meno di 30 cm nei mesi di settembre ottobre, che permette agli agenti atmosferici invernali (pioggia, gelo, neve) di agire disgregando le zolle più grosse ottenendo una tessitura più idonea ad accogliere il tubero- seme.
Seguono le lavorazioni di affinamento del terreno (erpicature) da effettuare a fine inverno (febbraio-marzo).

Prima della messa a dimora del tubero-seme viene effettuata una fresatura del terreno.
Il periodo di semina dei tuberi-seme è compreso tra 15 febbraio e 15 maggio di ciascun anno.
Il sesto d’impianto è compreso tra 0,70-0,90 m tra le file e 0,12 – 0,35 m lungo le file.
La quantità di seme impiegata ad ettaro è compresa tra 1000 e 1200 kg per il seme sezionato e tra i 1800 e 3000 kg per il seme intero.
É ammessa la pratica della pre-germogliazione..

E’ vietata la monosuccessione; è consentito che la patata venga coltivata sullo stesso appezzamento di terreno dopo un anno di altre colture.
Concimazione, difesa fitosanitana e diserbo devono essere effettuate applicando quanto disposto dalle norme contenute nei disciplinari emanati dalla Regione Lazio in materia di produzione integrata.
É ammessa al momento della semina a pieno campo o localizzato nel solco, l’intervento di geodisinfestazione.
Sono ammesse esclusivamente le seguenti tecniche di irrigazione: irrigazione a pioggia; a goccia e a scorrimento.

Occorre effettuare una sarchiatura poco dopo l’emergenza seguita da una rincalzatura.
La raccolta, manuale o meccanica, deve effettuarsi nel periodo compreso tra 15 giugno e 30 settembre di ciascun anno, quando la buccia non si lacera alla pressione esercitata dallo sfregamento con le dita, in quanto ciò permette d’intervenire con macchine scavaraccoglipatate che depositano i tuberi in contenitori idonei al trasporto presso gli impianti di ritiro.

Il prodotto può essere direttamente commercializzato tal quale o conservato in magazzini frigoriferi a riparo dalla luce, alla temperatura di 5-8°C ed umidità relativa compresa tra 88 e 93%. I tuberi non possono sostare in frigo oltre i 9 mesi.
Le patate possono essere sottoposte ad un trattamento antigermogliante in fase gassosa.
Le patate vengono sottoposte al processo di lavaggio in acqua per rimuovere terra ed eventuali altre impurità.
Successivamente vengono avviate alla pelatura meccanica e sottoposte ad una prima cernita dove vengono eliminati i tuberi non utilizzabili ai fini alimentari oltre che eventuali impurità ancora presenti (sassi, materiale vegetale diverso, ecc.).
Il prodotto viene sottoposto al processo di taglio o prosegue la lavorazione come tubero intero.

Dopo una seconda cernita, che può avvenire manualmente o avvalendosi di appositi macchinari, il prodotto viene immesso in acqua ozonizzata al fine di rallentare il processo di ossidazione.
Successivamente il prodotto viene pesato e confezionato in appositi contenitori per alimenti.
Il prodotto uscito dalla linea di lavorazione e prima della spedizione viene immagazzinato in celle frigorifero a una temperatura compresa tra 3 e 5°C.

Caratteristiche territoriali

Il prodotto a Indicazione Geografica Protetta Patata dell’Alto Viterbese è fortemente dipendente dalle peculiarità ambientali (suolo e clima) e socio-economiche della zona.
Le caratteristiche pedoclimatiche, infatti, sono tali da esaltare l’univocità degli aspetti qualitativi del prodotto, noto sul mercato con la denominazione corrente Patata dell’Alto Viterbese, come testimoniano i numerosi documenti commerciali (fatture, bolle di accompagno, etichette, ecc) oltre alle consolidate feste popolari.
Le caratteristiche della Patata dell’Alto Viterbese IGP come odore, gusto, ma soprattutto intensità del colore della polpa (esclusivamente giallo), sono determinate oltre che dalla genetica anche dall’ambiente di coltivazione (suolo, clima, tecnica colturale, tipologia di conservazione), per cui risulta evidente il legame della “Patata dell’Alto Viterbese” con l’areale di produzione.

I terreni dell’areale sono di origine vulcanica, con la presenza di formazioni laviche e piroclastiche, e di tessitura franco-sabbiosa con permeabilità alta e densità apparente bassa. Sono terreni acidi, con pH compreso tra 5,0 e 6,5 – a cui la patata si adatta bene essendo una coltura tollerante all’acidità – con elevato contenuto di potassio (compresi tra 600-1000 ppm) e microelementi.
Le condizioni climatiche sono influenzate dalla presenza del lago di Bolsena, imponente bacino lacustre, che grazie alla sua azione mitigratrice, determina delle condizioni microclimatiche particolarmente favorevoli per la coltura della Patata dell’Alto Viterbese.

Infatti, nel periodo primaverile (aprile/maggio), quando la patata si trova nella fase di emergenza ed inizio sviluppo vegetativo, le temperature dell’areale IGP si attestano tra 12- 14,5°C: si tratta di temperature ottimali per queste fase fisiologiche della pianta. In estate, le temperature dell’areale grazie all’influenza del lago di Bolsena, tendono ad innalzarsi gradualmente a partire dai 17°C fino ad arrivare intorno a 24°C nel mese di luglio; in questo periodo di tempo la patata compie tutto il ciclo biologico fino ad arrivare alla fase di maturazione. Tali condizioni climatiche ottimali della zona (temperatura inferiore a 24°C) determinano una migliore traslocazione dei carboidrati e degli elementi minerali verso i tuberi della pianta.

Per quanto riguarda le precipitazioni (media annua tra 800 e 1200 mm/anno) durante il mese di agosto, l’assenza di piogge, unitamente alle alte temperature, con picchi fino a 30°C, favorisce la fase di maturazione o senescenza.
Durante quest’ultima fase fisiologica si ha un progressivo ingiallimento delle foglie, perdita di funzionalità, traslocazione dei prodotti della fotosintesi e dei nutrienti accumulati durante la crescita nei tuberi e la suberificazione della buccia.
Questa fase di maturazione è accelerata e favorita da temperature alte e momenti di stress idrico: condizioni che si verificano tutti gli anni nell’areale della Patata dell’Alto Viterbese.

Inoltre le condizioni di siccità nella fase di raccolta del prodotto determinano caratteristiche qualitative sulla Patata dell’Alto Viterbese, quali il colore uniforme della buccia e l’aspetto complessivo dei tuberi (la pioggia favorisce fenomeni di alterazione della buccia che si macchia di scuro).
L’omogeneità delle caratteristiche pedo-climatiche della zona, sono confermate dalla Carta del fitoclima del Lazio che classifica in un’unica aree l’areale di produzione dell’I.G.P. Patata dell’Alto Viterbese: Regione Mesaxerica, Termitipo collinare superiore (submontano), Ombrotipo iperumido inferiore.

Storia e curiosità

Numerose sono le testimonianze orali e scritte di anziani locali che attestano il consolidato legame storico-culturale-sociale instaurato tra prodotto e territorio.
La coltura delle patate si diffonde nell’areale oggetto di caratterizzazione, identificato con la denominazione “Alto Viterbese”, negli anni ’20 del ‘900, sebbene l’impulso decisivo allo sviluppo di questa coltivazione provenga dall’abbandono della coltura della fragola, praticata largamente fino alla metà degli anni ’50 e sostituita a causa di problemi di ordine fitosanitario.
A partire dagli anni ’60, infatti, la patata diviene la coltura prevalente nella zona, di cui costituirà – negli anni seguenti ed ancora oggi – la maggiore fonte di reddito dell’economia agricola locale, nonché degli addetti che si occupano dello stoccaggio, del confezionamento, della commercializzazione e del trasporto.
Oltre all’indotto, la forte concentrazione di produzione pataticola ha spinto alcune officine meccaniche a migliorare le macchine agricole in commercio per la lavorazione dei tuberi, tanto da adattarle alle particolari condizioni dei terreni ed alle pratiche in uso nella zona.

Riviste specialistiche, fotografie, racconti di autori locali e testimonianze cinematografiche attestano la presenza della patata dell’Alto Viterbese sin dagli inizi del ‘900.
La denominazione “patata dell’Alto Viterbese” si consolida in ritardo rispetto al successo commerciale del prodotto. In un primo momento, infatti, é la città di Grotte di Castro che lega il suo nome alla patata, ma a partire dalla metà degli anni ‘60, anche gli agricoltori dei Comuni limitrofi, forti degli ottimi risultati ottenuti dai grottani, si convincono a seguirne l’esempio dal momento che i terreni di analoga natura vulcanica, ne avrebbero assicurato le medesime rese.

Nel 1971 sette delle strutture associative già operanti si riuniscono in un consorzio denominato Consorzio Cooperativo Ortofrutticolo dell’Alto Viterbese (CCORAV) che comincia a commercializzare i propri prodotti con la dicitura “Alto Viterbese” e negli anni ’80 tale dicitura diviene di uso comune.
Altro elemento caratterizzante l’importanza del prodotto nel costume locale è testimoniato dalla tradizione delle sagre: dalla Sagra degli Gnocchi, inaugurata nel 1977 a S. Lorenzo Nuovo, alla Sagra della Patata che dal 1985 ha luogo nel Comune di Grotte di Castro coinvolgendo intensamente la popolazione locale nell’allestimento delle manifestazioni.

Il legame culturale è sottolineato, inoltre, anche dal largo impiego della patata in numerose ricette tipiche della tradizione gastronomica locale, coma la Minestra con “l’orloge”, così detta dal modo di tagliere le patate, la Pasta e patate, piatto povero della tradizione contadina dell’alto viterbese e la frittata di patate, preparata senza le classiche uova.

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