DOP Veneto

Miele delle Dolomiti Bellunesi

Il Miele delle Dolomiti Bellunesi è una Denominazione di Origine Protetta (DOP) presente nell’elenco nazionale approvato dal Ministero delle politiche Agricole Alimentari e Forestali, i cui requisiti sono regolamentati dal disciplinare di produzione della Regione Veneto.

Caratteristiche

Il Miele delle Dolomiti Bellunesi viene prodotto a partire dal nettare dei fiori del territorio montano bellunese, dall’ecotipo locale di “Apis mellifera” che deriva da incroci naturali tra diverse razze apistiche, prevalentemente tra quella Ligustica e Carnica; essa si è particolarmente adattata nel corso del tempo alle caratteristiche dell’ambiente montano alpino bellunese e permette di ottenere buone rese di miele.

I mieli uniflorali rispecchiano le specie del territorio considerate fra la migliori dal punto di vista apistico pollinico e nettarifero, come l’acacia-robinia, il rododendro, il tarassaco, il tiglio, il castagno, la maggior parte delle quali sono presenti solo nei territori montani, anche in alta quota, e per questo rendono pregiato il Miele delle Dolomiti bellunesi.
La tipologia Millefiori viene prodotta con una grande varietà di specie alpine, scelte dalle api fra le oltre 2.200 che caratterizzano la montagna bellunese.

In funzione quindi delle differenti specie botaniche che fioriscono scalarmente durante il periodo di produzione, si distinguono le seguenti tipologie di Miele delle Dolomiti Bellunesi:
– “Miele delle Dolomiti Bellunesi” di Millefiori;
– “Miele delle Dolomiti Bellunesi” di Acacia;
– “Miele delle Dolomiti Bellunesi” di Tiglio;
– “Miele delle Dolomiti Bellunesi” di Castagno;
– “Miele delle Dolomiti Bellunesi” di Rododendro;
– “Miele delle Dolomiti Bellunesi” di Tarassaco.

Oltre al “pregio floreale”, la qualità del Miele delle Dolomiti bellunesi ha altri aspetti fondamentali, come la purezza, la salubrità e l’elevata conservabilità, testimoniate anche dal basso valore di HMF, che dipendono specialmente dalle caratteristiche ambientali della zona geografica e e dal “savoir faire” dei produttori.

Produzione

Il Miele delle Dolomiti Bellunesi è prodotto da un ecotipo locale di Apis mellifera che deriva da incroci tra diverse razze apistiche, prevalentemente tra l’Apis Ligustica e la Carnica, che si è particolarmente adattata alle peculiarità dell’ambiente montano bellunese.
Proprio grazie al suo adattamento non si sono mai riscontrati particolari problemi legati alle temperature: se ben correttamente invernata, sopporta bene le basse temperature anche per lunghi periodi; così come le alte temperature non sono mai tali da creare inconvenienti a questo tipo di allevamento.
Esse raccolgono il nettare presente nelle fioriture locali, tipiche di questo territorio montano, quali, prevalentemente, l’acacia, il tiglio, tarassaco, il castagno, il rododendro e varie labiacee nonché da infinite altre varietà di specie erbacee, arboree ed arbustive presenti in forma spontanea.
Per un’eventuale nutrizione proteica alle famiglie di api è vietato l’impiego di prodotti contenenti polline d’origine diversa da quella strettamente locale.
Una pratica normalmente adottata, è quella che prevede la raccolta di favi di polline o di solo polline, quest’ultimo mediante delle trappole, da essiccare o immagazzinare in congelatore durante i periodo di elevata produzione e poi da riutilizzare in periodi di minor disponibilità pollinifera.
Il miele, si ottiene da arnie stanziali o che vengono periodicamente spostate solamente all’interno del territorio bellunese; tale miele deve venir estratto direttamente dai favi dei melari mediante centrifugazione. Sono vietate altre manipolazioni o trattamenti aggiunti.

All’inizio delle fioriture nel territorio si provvede alla posa dei melari interponendo tassativamente un “escludi regina” tra il nido e il primo melario allo scopo di evitare che la regina possa estendere la deposizione delle uova anche nei melari.
La raccolta del prodotto deve avvenire a completata opercolatura del miele depositato nei favi da melario, in funzione del giusto grado d’umidità del prodotto.
Al momento del prelevamento dei melari le api possono venire allontanate con metodi che non devono alterare la qualità del prodotto, quali l’api-scampo o il soffiatore, evitando tassativamente l’impiego di affumicatori o sostanze repellenti che potrebbero trasferire al miele odori e sapori estranei.
La raccolta del miele avviene sempre per fasi successive, in concomitanza delle diverse fioriture, al fine di ottenere un prodotto monofloreale differenziato.
Eventuali trattamenti sanitari, da eseguire alle api solo ed esclusivamente al termine di ogni fioritura e dopo il prelievo di tutti i melari, devono rispettare, in modo rigoroso, il Piano Regionale di profilassi che, annualmente, viene predisposto dal Centro Regionale di Apicoltura del Veneto, e devono essere praticati con totale rispetto delle modalità e dei tempi programmati, con principi attivi naturali che garantiscano l’assenza di residui nel prodotto.

Tutto il Miele delle Dolomiti Bellunesi DOP, prodotto nel territorio di produzione, deve essere lavorato e preparato per la vendita in appositi laboratori di smielatura, autorizzati e controllati dal Servizio Veterinario competente per territorio.
Dopo la raccolta dei melari entro un massimo di cinque giorni, si deve procedere all’estrazione del prodotto dai favi di melario, operazione da eseguire tassativamente ed esclusivamente con la centrifugazione.
Non sono consentiti altri metodi d’estrazione. Il miele così ottenuto viene collocato in appositi recipienti inox, detti maturatori, previa una filtrazione che consenta il passaggio di tutti i granuli di polline presenti nel prodotto per poterne verificare l’origine botanica.
La permanenza del miele nei maturatori deve prolungarsi per almeno 10-15 giorni, allo scopo di favorire e completare l’affioramento di schiuma o eventuali piccoli residui di cera, che saranno totalmente asportati prima del confezionamento.
Dopo l’estrazione e la purificazione, sono consentite esclusivamente le operazioni tecnologiche che non alterino le caratteristiche tipiche del prodotto, quali la cristallizzazione guidata e il riscaldamento per la fluidificazione del prodotto che, rigorosamente, non deve mai superare i 40°C.
Tutto il ciclo di lavorazione del prodotto deve avvenire in ambienti asciutti, mettendo in atto ogni precauzione di ordine igienico-sanitario, necessaria per evitare qualsiasi contaminazione con sostanze estranee, sporcizia, insetti o altri animali.

La conservazione deve garantire il mantenimento delle caratteristiche del prodotto; in particolare i vasetti confezionati e pronti per la vendita vanno tenuti in ambiente asciutto, privo di odori estranei, in ambiente fresco e al riparo della luce.
Il Miele delle Dolomiti Bellunesi DOP che utilizza anche la menzione “prodotto della montagna” deve essere prodotto in arnie stanziali o nomadi, in territorio montano bellunese, al di sopra dei 600 metri per tutto il periodo di produzione e deve essere lavorato e preparato per la vendita in appositi locali ubicati al di sopra dei 600 metri di altitudine.

Storia e curiosità

L’attività apistica e l’uso del miele in questi territori è molto documentata e riguarda l’intero territorio bellunese.
In un documento dei prezzi del 1712, si legge e si catalogano tre diversi tipi di miele commercializzato: “miele di fiori d’alta alpe”, “miele di brugo”, “miele de ‘bosco misto”.
Esiste una vasta documentazione della tradizionale cultura culinaria locale, sull’uso del miele “Miele delle Dolomiti Bellunesi”, che proviene da documenti apocrifi con ricette databili attorno al 1580 e altre, più numerose, dal seicento in avanti, con indicazioni particolari per la produzione di dolci.
Non mancano riferimenti anche alla medicina popolare dove emerge un forte uso del miele “Miele delle Dolomiti Bellunesi” nei preparati usati, unitamente alle droghe vegetali, per la cura di sindromi respiratorie. L’utilizzo del miele in medicina popolare è ricavato, anche, da riferimenti tramandati in forma scritta e verbale, raccolti soprattutto in due zone del bellunese, il Comelico e lo Zoldano, dove viene consigliato per svariati utilizzi: come conservante, integratore alimentare, fluidificatore del sangue, ricostituente, ecc.).
In alcuni musei etnografici locali, che raccolgono vecchie attrezzature agricole, sono presenti soprattutto arnie villiche che risalgono ai primi anni del secolo scorso, molte delle quali ricavate da tronchi cavi opportunamente modellati.

Lo strettissimo legame dell’apicoltura, fra gli antichi abitatori delle dolomiti, forse unico in Italia e in Europa, si ricava addirittura da reperti che testimoniano chiaramente l’importanza dell’ape nella vita di queste popolazioni, fin dalla notte dei tempi.
In questo territorio, l’apicoltura, unitamente ad altre piccole attività, ha da sempre contribuito ad integrare il modesto reddito agricolo della gente di montagna e il miele rappresentava una riserva energetica da utilizzare come alimento nei mesi d’isolamento invernale e, in cucina, come dolcificante e per la preparazione di diverse ricette tradizionali locali.
Il Miele delle Dolomiti bellunesi è commercializzato con questo nome in etichetta da oltre 35 anni e, con tale nome, é presente fin dagli anni ’80 a numerose fiere e manifestazioni agricole locali della montagna quali ”Agrimont” di Longarone e la Mostra Mercato dei Prodotti Agricoli di Sedico, come testimoniato da numerosi diplomi, foto dei produttori a raduni apistici e articoli degli anni ‘80.
Foto dello stesso periodo, testimoniano la rinomanza del nome “Miele delle Dolomiti Bellunesi” in vari marchi ed etichette.

L’attività apistica è sempre stata diffusa nella montagna bellunese anche in tempi molto lontani quando, con l’uso dei bugni rustici, la raccolta del miele richiedeva una grande capacità da parte dei produttori per evitare di distruggere intere colonie di api.
Anche nei tempi più difficili, l’apicoltura è sempre stata un’attività molto praticata in questi territori con l’uso prevalente di semplici alveari villici.
L’innovativa introduzione dell’arnia “Dadant Blatt” ha facilitato la mielicoltura ma ancor oggi nella montagna bellunese, l’attività apistica è condotta in modo artigianale e richiede ai produttori specifiche capacità per il posizionamento e la conduzione delle arnie, per la salvaguardia e lo sviluppo delle colonie, per il metodo raccolta e per la scelta del periodo che permette di differenziare i mieli delle diverse specie floreali, nonché per gli accorgimenti per la sua conservazione.
Oggi la maggior parte degli apicoltori opera nella Vallate Bellunese e Feltrina e, accanto a questi, ci sono anche numerosi produttori di alta quota che producono un miele particolarmente pregiato, quale il miele di rododendro.

La zona di produzione del Miele delle Dolomiti Bellunesi è un territorio montano, tra vallate ed alte quote, che presenta caratteristiche pedoclimatiche particolari, ricco di boschi e pascoli, contraddistinto da una bassa concentrazione demografica. Infatti, in tale zona di produzione, caratterizzata da particolari condizioni ambientali e socio economiche, non sono presenti grossi insediamenti industriali, né attività agricole intensive e nemmeno grandi vie di comunicazione, potenziali fonti d’inquinamento anche per i prodotti dell’apicoltura.
Queste condizioni permettono di ottenere un miele pulito e salubre, senza metalli pesanti o inquinanti ambientali.
Le Dolomiti caratterizzano il territorio e le stesse condizioni climatico–ambientali del bellunese, temperatura e piovosità media, misurate storicamente dagli enti regionali, risultano fortemente differenti dalle altre zone limitrofe e dalle medie regionali.

Le mappe relative alle precipitazioni ed alle temperature medie dell’aria, calcolate a partire dai dati giornalieri rilevati dalle centraline dislocate nella Regione Veneto nel decennio 1996–2005, mettono in evidenza come la zona individuata per la produzione del “Miele delle Dolomiti Bellunesi”sia caratterizzata da una piovosità che si aggira intorno ai 1.4000–1.800 mm e da una temperatura dell’aria che nella stagione invernale varia da 6 a -10° C.
Il distretto della Provincia di Belluno, in gran parte all’interno del Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi, dispone di un vasto territorio che rappresenta il 56% della superficie boschiva della Regione Veneto ed è considerato di eccezionale rilevanza per la conservazione degli ecosistemi naturali, con ricca presenza di specie botaniche fortemente nettarifere. Le Dolomiti Bellunesi, infatti, definiscono un’area omogenea e lineare; tale ambito è caratterizzato dalla quasi integrale assenza di insediamenti industriali e da peculiari risorse geomorfologiche ed ecosistemi di elevato pregio floro–faunistico e geologico.
Lo sviluppo di una flora alpina tipica del territorio bellunese e la larga diffusione di piante arboree ed erbacee di interesse apistico, rendono questo territorio una zona adatta a conferire al Miele delle Dolomiti Bellunesi le tipiche caratteristiche organolettiche che lo distinguono da altri mieli.

Importantissimi infatti tra la flora d’alto fusto, i boschi di larice, faggio, pino silvestre e abete rosso, che caratterizzano la zona.
Ai piedi delle pareti rocciose si estendono fitte foreste di latifoglie e conifere e praterie d’alta quota ricche di flora con numerose specie endemiche tra le quali rododendri, cardi, stelle alpine e da altre piante montane.
Nelle vallate la flora vascolare bellunese ha una ragguardevole consistenza di oltre 1.400 entità e tra queste non sono poche quelle che meritano di essere ricordate perché endemiche, rare, o di elevato valore fitogeografico.

La flora erbacea polifita ed arborea è ricca di specie che sono considerate fra la migliori dal punto di vista apistico e pollinica, come la robinia pseudoacacia, il rododendro, il tarassaco, il tiglio, l’erica, il trifoglio, nonché un elenco lunghissimo di specie che rientra nei mieli multifloreali.
Risulta inoltre molto importante anche la presenza di flora nettarifera tipica della zona di montagna, come il castagno (Castanea Sativa) ed il cardo (Cardus s.p.) in quanto il nettare rappresenta l’alimento necessario allo svolgimento del ciclo biologico delle api.
Tesi di laura e ricerche dimostrano come la produzione di nettare sia più elevata nelle piante coltivate in alta montagna rispetto a quelle che crescono in pianura.

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