DOP Veneto

Aglio Bianco Polesano

L’Aglio Bianco Polesano è una Denominazione di Origine Protetta (DOP) presente nell’elenco nazionale approvato dal Ministero delle politiche Agricole Alimentari e Forestali, i cui requisiti sono regolamentati dal disciplinare di produzione della Regione Veneto.

Caratteristiche

L’Aglio Bianco Polesano è una pianta con bulbi di colore bianco brillante uniforme data l’assenza di striature di altro colore, di forma regolare e compatta, leggermente appiattiti nel punto di inserimento dell’apparato radicale.
Le foglie, lanceolate e strette hanno una colorazione verde/azzurra.
Il bulbo deve essere di forma rotondeggiante – regolare con un leggero appiattimento della parte basale, di colore bianco lucente, ed esente da fitopatologie.
Il bulbo è costituto da un numero di bulbilli variabile che risultano tra loro uniti in maniera compatta e con una caratteristica curvatura della parte esterna. I bulbilli che lo compongono devono essere perfettamente adiacenti l’uno con l’altro.
Le tuniche che li avvolgono hanno colorazione rosata di varia intensità nella parte concava, bianca in quella convessa.
La D.O.P. è ottenuta a partire da ecotipi locali nonché dalla varietà Avorio che è stata selezionata partendo dagli stessi ecotipi.

All’atto dell’immissione al consumo l’Aglio Bianco Polesano deve presentare bulbi:
– sani, consistenti, puliti, in particolare privi di terra e di residui visibili di fertilizzanti o di antiparassitari;
– esenti da danni da gelo o da sole, da tracce di muffa e da germogli esternamente visibili;
– privi di odore o sapore estranei e di umidità esterna anormale.
Lo stato del prodotto deve essere tale da consentire il trasporto e le operazioni connesse.

Il prodotto dovrà avere i seguenti requisiti:
– “Extra” calibro minimo di 45 mm.
– “Prima” calibro minimo di 30 mm.

L’Aglio Bianco Polesano è immesso sul mercato nelle tradizionali composizioni in canestrini (intreccio a manichetto di almeno tre bulbi), trecce, treccioni, grappoli e grappoloni, in confezioni retinate, in sacchi e in mazzi.
Il taglio dello stelo deve essere netto e l’apparato radicale va asportato o completamente o in modo da lasciare le radici appena presenti con la loro parte iniziale.

Coltivazione

L’Aglio Bianco Polesano è una coltura da rinnovo e nell’ambito della rotazione deve seguire una coltura a semina autunnale o comunque una coltura che permetta l’aratura e la preparazione del terreno entro l’epoca di semina prevista. Non può ritornare sullo stesso appezzamento prima di tre anni.
II ciclo di coltivazione è annuale con semina autunno/invernale.

L’ottenimento dei bulbilli per la semina caratterizza la tecnica di produzione dato che la riproduzione avviene per via vegetativa. Infatti ogni azienda seleziona manualmente la quota di prodotto necessaria per produrre “il seme”.
Qualora l’azienda agricola non sia in grado di produrre il materiale di riproduzione o quello prodotto non sia sufficiente al suo fabbisogno, può reperirlo presso altri produttori dell’area inserita nel sistema di controllo della DOP, purché accompagnato dal certificato che ne attesti l’assenza di nematodi.
Le fasi per l’ottenimento del materiale da seminare prevedono:
– la selezione manuale dei bulbi, detti “”teste””, dai mazzi di aglio della partita destinata alla semina;
– l’eliminazione manuale dei bulbilli esterni al bulbo detti “denti” o “natte”;
– lo schiacciamento dei bulbi che può avvenire manualmente o meccanicamente;
– l’eliminazione, mediante ventilazione ed asporto manuale, delle tuniche esterne di contenimento e dell’apparato radicale;
– la selezione dei bulbilli detti “spigoi” ottenuti dalle operazioni precedenti. Essa può avvenire con modalità completamente manuale oppure con l’ausilio di una selezionatrice meccanica che contemporaneamente effettua anche la ventilazione. In questo caso si effettuerà una successiva selezione manuale finale dei bulbilli adatti ad essere seminati.

La semina deve essere effettuata dal 1 di ottobre al 31 di dicembre.
Essa può avvenire manualmente, con macchine agevolatrici o essere totalmente meccanizzata con seminatrici pneumatiche.
È ammessa la concia del seme.
Il sesto di impianto, 10/15 cm sulla fila e 33/40 tra le fila, deve essere tale da evitare lo scalzamento delle radici durante l’inverno o una moria per asfissia radicale, ed inoltre deve consentire l’agevolazione delle operazioni colturali in particolare la sarchiatura meccanica. A tal fine il numero massimo di piante per mq. non dovrà superare le 30.
La quantità di “seme” da impiegare varia a seconda della dimensione dei bulbilli, e deve essere compresa tra 750 – 1.000 Kg/ha.

È obbligatorio predisporre un piano di concimazione che preveda l’esecuzione dell’analisi del terreno almeno una volta ogni cinque anni.
Il tipo e la quantità di unità fertilizzanti da impiegare saranno correlati ai risultati dell’analisi e terranno conto dell’asporto operato dalla coltura.
Nella concimazione vanno distribuiti al max 150 kg/ha di fosforo, 200 kg/ha di potassio, l’azoto, che non deve superare i 200 kg/ha, va distribuito con più interventi o con un unico intervento se si usano concimi a lenta cessione.
Sono ammesse le concimazioni fogliari per l’apporto di macro e microelementi.
L’eventuale somministrazione di letame deve avvenire sulle colture precedenti per ridurre la possibilità di sviluppo dei marciumi e per non influenzare il tipico colore bianco lucente caratterizzante l’Aglio Bianco Polesano.
Qualora si effettuino irrigazioni alla coltura, andranno sospese entro il 20 giugno per permettere una migliore maturazione del bulbo e non comprometterne la successiva conservazione.

Sulla base del grado di senescenza del fogliame e della maturità fisiologica delle piante, il produttore decide il momento in cui inizia la fase di raccolta.
Essa può avvenire completamente a mano, con l’ausilio di macchine agevolatrici o essere completamente meccanizzata. Dopo essere stato estirpato, il prodotto deve subire una essiccazione naturale o mediante sistemi con ventilazione di aria riscaldata.
Essa può avvenire sia in pieno campo che in azienda.
L’Aglio Bianco Polesano DOP deve essere commercializzato per un anno a decorrere dal 10 luglio fino al 9 luglio dell’anno successivo.
La produzione di Aglio Bianco Polesano DOP destinato alla commercializzazione dovrà essere al massimo di 10 tonnellate ad ettaro di prodotto secco.
È consentita la frigoconservazione.

Le fasi specifiche della produzione che devono avvenire nella zona di produzione sono: la produzione del materiale da seminare, la coltivazione dell’aglio, le operazioni di essiccazione, le tradizionali lavorazioni eseguite a mano: canestrini, mazzi, treccia, treccione, grappolo e grappolone.

Il confezionamento del prodotto commercializzato nelle tipologie “sacchi” e “confezioni” può essere effettuato fuori della zona di produzione.
In questi casi, al fine di mantenere la rintracciabilità del prodotto ed inalterate le sue qualità, il trasporto e le successive manipolazioni devono avvenire in modo tale da non provocare la rottura delle teste e soprattutto la frammentazione delle cuticole, generando il rischio di muffe e deterioramento del prodotto.

Storia

La tipologia dei terreni, il clima temperato e asciutto e la diffusa presenza di aziende a conduzione familiare ha fatto sì che negli anni l’aglio assumesse importanza per il territorio.
L’area interessata è caratterizzata dalla presenza di suoli fertili, frutto delle numerose inondazioni ed esondazioni avutesi nei secoli, dei due fiumi che la delimitano a sud ed a nord, ovvero il Po e l’Adige. L’opera dei suddetti fiumi ha portato alla creazione di suoli di medio impasto, argilloso/limosi, ben drenati, porosi e fertili che ben si addicono ad una produzione di pregio qual è l’Aglio Bianco Polesano.

Vi è anche un fondamento geomorfologico comprovato alla base delle caratteristiche chimiche dei terreni dei Comuni compresi nel discplinare delle quali va evidenziata la buona dotazione di fosforo e potassio scambiabili, che influenzano la conservabilità e nel caso del potassio il tipico colore bianco del prodotto.
La presenza di calcio e magnesio riscontrata contribuisce al miglioramento qualitativo dei bulbi.
Si può perciò ritenere che la naturale dotazione di determinati elementi e microelementi, dei terreni dell’area individuata ne fa di essi un ottimale substrato per la coltura dell’Aglio Bianco Polesano.

Esso va ad aggiungersi alle potenzialità dei terreni con due elementi:
– la capacità, affinata con gli anni e trasmessa da padre in figlio, di selezionare a mano i bulbi “teste” migliori da cui ricavare il materiale da seminare “trattenuto dalla coltura precedente o acquisiate sul posto con la sola cura che esso sia grosso e sano”. S. Zennaro 1949;
– le particolari lavorazioni eseguite a mano: la treccia detta “resta”, il treccione, il grappolo, il grappolone, fanno sì che tale coltura sia intrinsecamente connessa con il territorio, le sue tradizioni e la sua storia “”Prima della vendita l’aglio subisce una leggera trasformazione che consiste nel riunire insieme 30-32 bulbi secchi in una specie di intreccio, detto resta nel dialetto palesano, naturalmente questa trasformazione ne aumenta il prezzo unitario”. S. Zennaro 1949.

Storicamente i primi accenni di tale coltura risalgono ai Romani, (la cui presenza risale tra il I e V secolo d.C.) successiva a quella dei Fenici, Etruschi e Celti.
Gli interventi di centuriazione e bonifica operati dai Romani hanno fortemente influito sulla conformazione e assetto idrogeologico del territorio.
Avvicinandoci ai tempi nostri troviamo le prime descrizioni della sua coltivazione in pubblicazioni del XVI secolo: Accademia dei Concordi Rovigo,: «…Le campagne di Rovigo producono soprattutto frumento, granoturco, barbabietole da zucchero ed uva. Notevole importanza per la zona di Selva assumono gli erbai, i prati avvicendati, le patate e l’aglio…». La zona di Selva comprende gli attuali Comuni di Pontecchio, Crespino, Ceregnano.
Nel 1949 S. Zennaro scrive “…L’aglio è una coltura industriale che nel decennio precedente l’ultima guerra ha acquistato una importanza notevole ed è entrata decisamente a far parte del tipico ordinamento colturale della zona.”
Attorno a tale prodotto si creò infatti un’attività di commercio tale da far sì che la piazza di Rovigo, nei secoli, fosse punto di riferimento.
Già negli anni ’60, l’Aglio Bianco Polesano era famoso per le ricercate caratteristiche commerciali e la capacità di fornire valori elevatissimi di produzione lorda vendibile, e già allora veniva esportato nei mercati di Cuba, Stati Uniti, Inghilterra, Germania e Francia.
L’Aglio Bianco Polesano è diventato negli anni sempre più un elemento di sviluppo economico tale da essere definito l’oro bianco del Polesine.

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