IGP Emilia Romagna

Aceto Balsamico di Modena

L’Aceto Balsamico di Modena è una Indicazione Geografica Protetta (IGP) presente nell’elenco nazionale approvato dal Ministero delle politiche Agricole Alimentari e Forestali, i cui requisiti sono regolamentati dal disciplinare di produzione della Regione Emilia Romagna.

Caratteristiche

L’Aceto Balsamico di Modena IGP si distingue per l’aspetto limpido e brillante e per il profumo delicato, persistente, di gradevole e armonica acidità.
Il colore è bruno intenso e l’odore è leggermente acetico con eventuali note legnose.
Il sapore è agrodolce ed equilibrato.

L’Aceto Balsamico di Modena IGP è frutto della tradizione e delle competenze che nel corso dei secoli hanno portato al concepimento e all’affinamento della sua ricetta, strettamente legate al territorio di produzione.
L’invecchiamento in botti di legno pregiato contribuisce a determinare le particolari note aromatiche del prodotto.

La denominazione Aceto Balsamico di Modena IGP è riservata agli aceti che presentano le seguenti caratteristiche:
– aspetto limpido e brillante;
– colore bruno e intenso;
– sapore agrodolce ed equilibrato;
– odore leggermente acetico e delicato, durevole, con eventuali note legnose;
– densità a 20°C non inferiore a 1,06 per il prodotto affinato;
– gradazione alcolica effettiva non superiore a 1,5% vol.

L’Aceto Balsamico di Modena IGP immesso in commercio con le caratteristiche sopra elencate a sua volta si può distinguere in due tipologie, in base al periodo di invecchiamento.
Si parla semplicemente di Aceto Balsamico di Modena IGP quando il periodo di invecchiamento è inferiore ai tre anni (con un minimo di 60 giorni).
Quando invece il periodo di invecchiamento supera i tre anni, si usa la denominazione Aceto Balsamico di Modena IGP Invecchiato.

Produzione

L’Aceto Balsamico di Modena è ottenuto da mosti d’uva parzialmente fermentati e/o cotti e/o concentrati.
È prodotto nelle tipologie Aceto Balsamico di Modena IGP E Aceto Balsamico di Modena IGP Invecchiato.

L’uva proviene esclusivamente dai vitigni di Lambrusco, Sangiovese, Trebbiano, Albana, Ancellotta, Fortana e Montuni.
Al mosto vengono aggiunti aceto di vino, nella misura minima del 10%, e una quota parte di aceto vecchio di almeno 10 anni.
La percentuale minima di mosto d’uva è pari al 20% della quantità totale di prodotto da avviare all’elaborazione.
La concentrazione è protratta fino a che la massa iniziale di mosto abbia raggiunto una densità non inferiore a 1,240 alla temperatura di 20°C.

Oltre a provenire dai vitigni di cui sopra, i mosti, esclusivamente quelli cotti e concentrati, devono avere un’acidità totale minima pari a 8 gr/kg e un estratto secco netto minimo pari a 55 gr/kg.
Per la stabilizzazione colorimetrica, fino a un massimo del 2% del volume del prodotto finito, è possibile aggiungere caramello.
L’aggiunta di qualsiasi altro tipo di sostanza non è consentito.

L’elaborazione dell’Aceto Balsamico di Modena avviene con il classico metodo di acetificazione mediante l’impiego di colonie batteriche selezionate oppure con processi definiti “lenta in superficie” o “lenta a truciolo”.
La fase successiva è quella dell’affinamento: sia quest’ultima che la prima, si svolgono all’interno di recipienti di legno pregiato, quali rovere, castagno, quercia, gelso e ginepro.
Il periodo minimo di affinamento è di 60 giorni, conteggiati a partire dal momento in cui le materie prime, miscelate tra loro nella giusta proporzione, sono avviate all’elaborazione.
Al termine dell’affinamento, il prodotto ottenuto viene sottoposto a un esame, analitico e organolettico, affidato a un gruppo di tecnici e assaggiatori esperti: è questo il controllo da superare affinché il prodotto possa essere certificato come Aceto Balsamico di Modena IGP.

Una volta trascorsi 60 giorni di affinamento in tini di legno, l’Aceto Balsamico di Modena può essere sottoposto a un ulteriore periodo di invecchiamento in botti, barili o altri recipienti in legno di dimensioni più ridotte rispetto a quelli del prodotto più “giovane”.
Se questa fase si dilunga per più di tre anni, il prodotto finito potrà fregiarsi della classificazione “invecchiato”.

L’Aceto Balsamico di Modena così ottenuto può essere immesso al consumo diretto.
Viene inserito in contenitori in vetro, legno, ceramica o terracotta, di varie capacità: 0,250 l; 0,500 l; 0,750 l; 1 l; 2 l; 3 l o 5 l.
Sono ammesse anche confezioni monodose di plastica o di materiali composti, di capacità massima di 25 ml.
Nel caso in cui il prodotto sia destinato a un utilizzo professionale, la capacità minima dei recipienti in vetro, legno, ceramica o terracotta è di 5 l; è invece di 2 l nel caso di recipienti in plastica.

Su ogni confezione è posta la dicitura Aceto Balsamico di Modena, accompagnata dall’Indicazione Geografica Protetta.
Se il prodotto è stato fatto invecchiare per un periodo superiore ai tre anni, sulla confezione figura anche la scritta “Invecchiato”.

Ai produttori associati al Consorzio di Tutela è consentito l’uso del logo del Consorzio in etichetta. Il disciplinare di produzione dell’Aceto Balsamico di Modena prevede che l’assemblaggio delle materie prime, l’elaborazione, l’affinamento e/o l’invecchiamento in recipienti di legno pregiato abbiano luogo obbligatoriamente nelle province di Modena e Reggio Emilia.
Il prodotto finito può invece essere confezionato anche al di fuori della zona geografica di origine.

Storia e curiosità

Aceto Balsamico, significa, da tempo immemorabile, la cultura e la storia di Modena.
Infatti, la sua esistenza è dovuta alle particolari caratteristiche pedoclimatiche della zona di produzione alle quali si sono aggiunte la conoscenza, l’esperienza e le competenze del fattore umano.

A Modena, diversi tipi di aceto ottenuto con il mosto sono sempre esistiti, in relazione allo sviluppo nella storia di diverse ricette e di diversi metodi di preparazione e di invecchiamento.
È alla tradizione degli antichi Romani che risale la pratica della cottura del mosto d’uva: il cosiddetto sapum era utilizzato sia come medicinale sia in cucina, come dolcificante e condimento.
A partire dall’XI secolo la produzione di questo aceto particolarissimo si lega a Modena: diventerà nel tempo sinonimo di cultura e di storia di un territorio unico per caratteristiche pedoclimatiche e per saperi e talenti umani.
Nel 1046, Enrico III, imperatore del Sacro Romano Impero, in occasione del suo passaggio nel territorio della Pianura Padana, venne omaggiato con un “aceto perfettissimo” da Bonifacio, marchese di Toscana e padre di Matilde di Canossa: un episodio documentato dall’abate e storico Donizone, biografo della contessa.
Sul finire del XIII secolo, l’arte della produzione dell’aceto viene coltivata presso la corte Estense a Modena. Un testo del 1556 fornisce una precisa descrizione dei vari tipi di aceto e delle diverse possibilità di utilizzo.
In questo documento, è menzionata una varietà di aceto che sembra corrispondere a quello che oggi è chiamato “balsamico”.
Lo sviluppo della tradizione dell’aceto balsamico si deve al trasferimento degli Estensi da Ferrara a Modena nel 1598. Presso la corte ducale infatti l’aceto veniva solitamente prodotto per il consumo interno o esibito come dono prezioso a personalità di particolare importanza.

Nel corso dei secoli fu definito “balsamico” per le sue particolari doti terapeutiche.
Ma è soltanto nel 1747, nei registri di cantina dei duchi d’Este, che per la prima volta appare l’aggettivo balsamico: si parla di mezzo balsamico e di balsamico fine, che corrispondono agli attuali Aceto Balsamico di Modena IGP e Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP.
Pochi decenni dopo, siamo nel 1800, l’Aceto Balsamico di Modena comincia a essere apprezzato e conosciuto anche a livello internazionale: è infatti protagonista nelle più importanti manifestazioni espositive dell’epoca, da Firenze a Bruxelles.

Sempre nel XIX secolo si affermano le prime dinastie dei produttori, alcuni dei quali, ancora oggi, figurano tra gli associati del Consorzio di Tutela. È in questa fase che vengono codificati i processi produttivi.
A livello normativo, il 25 marzo 1933 il Ministro dell’Agricoltura Giacomo Acerbo riconosce per la prima volta, con un atto ufficiale, la “secolare e caratteristica industria dell’Aceto Balsamico del Modenese”.
Trent’anni dopo, nel 1965, sulla Gazzetta Ufficiale viene pubblicato un disciplinare relativo alle “Caratteristiche di composizione e modalità di preparazione dell’Aceto Balsamico di Modena”.

Nel 1994 i produttori si attivano per migliorare il disciplinare di produzione e per tutelare il corretto uso della denominazione Aceto Balsamico di Modena al commercio e al consumo.
Un’altra tappa importante nella storia di questo prodotto esclusivo e distintivo, diventato ambasciatore mondiale del mangiar bene italiano, è il riconoscimento europeo: nel 2009, dopo un lungo iter, la Commissione Europea inserisce l’Aceto Balsamico di Modena nel registro delle produzioni IGP.

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